La superiorità dell'Occidente

Scritto il 11/07/2025
da Edward Luttwak

Come mai tanti hanno insistito sul fatto che il cambio di regime doveva essere l'obiettivo di qualsiasi guerra contro l'Iran? Non hanno prestato attenzione quando sia Washington sia Gerusalemme hanno negato l'intenzione di cercare di cambiare il governo iraniano e alcuni, perfino sulla piattaforma giornalistica Unherd, hanno continuato a sottolineare le gravi insidie del «cambio di regime» anche dopo che i comandi di Trump per il cessate il fuoco avevano bruscamente posto fine ai combattimenti.

La risposta non è così complicata: tutti coloro che hanno insistito desideravano disperatamente una sconfitta israeliana, e alcuni, tra cui Tucker Carlson, volevano addirittura una sconfitta americana, non impossibile se fosse stato inviato un esercito fino a Teheran attraverso un Paese vasto ottanta volte le dimensioni di Israele, con 90 milioni di abitanti.

Quel che è stato trascurato, tuttavia, è che in assenza di un folle tentativo di cambio di regime con un'invasione di terra, la sconfitta dell'Iran era scontata, semplicemente perché Israele è uno Stato occidentale molto moderno, mentre l'Iran è uno Stato orientale solo superficialmente modernizzato.

Per una generazione cresciuta a suon di studi sul lutto «post-coloniale», a cui è stato insegnato a disprezzare e a vituperare gli europei che, a bordo delle loro fragili navicelle, sono partiti alla conquista del mondo e per lo più ci sono riusciti, è angosciante pensare che sia cambiato così poco per quanto riguarda l'equilibrio della forza militare. Odiando l'Occidente, e in particolare gli «Stati colonizzatori» Australia, Canada, Nuova Zelanda, Israele e naturalmente gli Stati Uniti («nessuno è clandestino in una terra rubata»), vogliono vederli umiliati e sconfitti, non vittoriosi. Ma tutti ora si rendono conto che Israele ha controllato i cieli sopra l'Iran per tutto il tempo che ha voluto, anche se non disponeva di un solo aereo da combattimento a lungo raggio, né di adeguate autocisterne per il rifornimento - semplicemente perché ha una forza aerea occidentale. Significa che i suoi piloti e i suoi comandanti non sono solo degli opportunisti che si sforzano di recitare il loro ruolo in modo convincente, ma piuttosto dei professionisti seri, che accettano i limiti dei loro equipaggiamenti e si sforzano di superarli, ad esempio con missili balistici lanciati in aria unici nel loro genere, utilizzati tra l'altro come estensori di gittata.

La qualità occidentale essenziale che consente di vincere le guerre è la capacità di riconoscere gli errori e le sconfitte, per evitare di ripeterli. L'ormai defunto fondatore di Hezbollah, Nasrallah, ha apertamente ammirato il rapporto investigativo di Israele che ha seguito la guerra del 2006 da lui stesso iniziata. Un rapporto che non ha rispettato segreti militari né reputazioni nel criticare aspramente sia il primo ministro israeliano sia il suo capo militare, entrambi costretti a dimettersi per la loro condotta di guerra. Il titolo di Al Jazeera era «Nasrallah esalta il rapporto di guerra israeliano», citando il giornalista che affermava che nessuno Stato arabo avrebbe mai commissionato, e tanto meno pubblicato, un'indagine di questo tipo, una pratica standard israeliana dopo ogni guerra.

Dopo che lo Stato di Israele è stato preso del tutto alla sprovvista il 7 ottobre 2023, il rapporto sulla strage che è costata la vita a oltre un migliaio di persone anche questa volta sarà ricco di rivelazioni scomode, che porranno sicuramente fine alla carriera politica di Netanyahu nonostante la sua innegabile strategia vincente, se non altro per la sua intrinseca e innegabile responsabilità di primo ministro. Netanyahu non sarà sorpreso da questo esito, perché dopo la guerra del 1973, anch'essa iniziata con un attacco a sorpresa sul Canale di Suez, fu il giustamente leggendario primo ministro Golda Meir a doversi dimettere e lasciare la politica, subito dopo aver condotto il Paese alla vittoria.

Al contrario, l'ayatollah Khamenei ha aperto il suo primo discorso post-bombardamenti congratulandosi calorosamente con il popolo iraniano per la sua grande, grandissima vittoria e per i brillanti successi delle forze armate, compresa la magnifica offensiva missilistica True Promise III. Forse i lettori del Teheran Times, che avevano visto i principali edifici della propria città ridotti in rovina, si sono consolati leggendo che i formidabili missili iraniani avevano devastato sia Haifa sia Tel Aviv, distruggendo il ministero della Difesa israeliano e il quartier generale del Mossad, entrambi perfettamente intatti e visibili ogni giorno dai pendolari israeliani. I media iraniani non hanno neppure menzionato la condotta molto prudente dei piloti iraniani, che non sono decollati sui loro aerei obsoleti per sfidare gli israeliani, dal momento che non avrebbero potuto combatterli ed avere ancora abbastanza carburante per tornare a casa.

Non si tratta di una sindrome esclusivamente mediorientale. Né l'India né il Pakistan hanno riconosciuto le loro perdite nei combattimenti aerei del 7-10 maggio di due mesi fa. Al contrario, ciascuna delle due parti ha raccontato con orgoglio il numero di caccia nemici abbattuti, e i rispettivi mass media hanno trasmesso video di fantasia di grandi vittorie.

In questo modo non vengono mai smascherati né corretti gli errori, e continua a non vigere il malcostume delle esercitazioni di routine, condotte rigorosamente da manuale, invece di un vero addestramento al combattimento. Non si tratta di un fenomeno nuovo: un pilota pakistano che ha volato con le forze aeree giordane già nella guerra del 1967, è ancora un asso celebrato dai media locali, che raccontano come i piloti israeliani terrorizzati non siano riusciti a sopravvivere ai suoi colpi mortali, anche se i dati storici dimostrano che la Giordania ha perso tutti i suoi aerei da combattimento il primo giorno di quella guerra.

Certo, né l'Occidente né il resto del mondo sono omogenei. Quando si parla di professionalità militare e di verità, il Giappone era certamente una potenza occidentale nel 1905, quando sconfisse i russi in Estremo Oriente. Infatti, già dieci anni prima la flotta giapponese, composta da navi da guerra più vecchie e più piccole, aveva sconfitto la flotta cinese Beiyang con le sue navi più nuove e più grandi di costruzione britannica e tedesca. Una volta affondate, l'unica cosa che rimase fu l'inno della flotta Beiyang, ancora molto popolare.

Al contrario, ci sono, e ci sono sempre state, forze militari europee che non sono in grado di combattere seriamente, né di riconoscere le loro carenze paralizzanti nel morale di combattimento e nella leadership. Negli ultimi anni, alcune delle loro truppe sono persino riuscite a partecipare alle occupazioni dell'Afghanistan e dell'Irak, senza ottenere nulla, naturalmente, ma senza nemmeno essere scoperte. Gli ufficiali statunitensi in carica hanno fatto la loro parte assegnando quelle particolari nazionalità alle aree meno pericolose, ma essi stessi hanno escogitato i loro rimedi creativi, tra cui pagare le bande nemiche locali per permettere loro di fingere di pattugliare senza essere attaccati. Gli ufficiali statunitensi e britannici più in alto nella catena di comando ci hanno messo del loro, ignorando i rapporti credibili che li raggiungevano ed evitando accuratamente qualsiasi indagine che avrebbe potuto portare alla luce la verità.

L'amministrazione Biden ha fatto la stessa cosa quando gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso hanno deviato in gran parte il commercio globale dai porti mediterranei di Francia, Italia e Spagna con gravi perdite economiche, ma nessun Paese mediterraneo era disposto a combatterli. Ciononostante Biden ha inviato doverosamente la Marina statunitense a unirsi alle navi da guerra britanniche per combattere gli Houthi, e gli Eurofighter della Royal Air Force in volo da Cipro hanno bombardato lo Yemen, mentre gli Eurofighter italiani e spagnoli non si vedevano da nessuna parte.

Quando però Trump ha scoperto che la Marina francese, l'italiana e la spagnola, con le loro centinaia di navi da combattimento, tra cui anche delle portaerei, erano completamente assenti da una lotta che le riguardava molto più degli Stati Uniti, il 6 maggio scorso ha bruscamente ordinato alla Marina statunitense di ritirarsi completamente dalla lotta. Con un costo di 2,5 milioni di dollari per ogni missile statunitense inviato contro i droni e i missili a basso costo degli Houthi, Trump si è rifiutato di seguire Biden nella difesa degli interessi economici francesi, italiani e spagnoli senza nemmeno chiedere loro di unirsi alla lotta. Ad eccezione ovviamente della missione navale dell'Unione Europea, le cui due piccole navi non possono cooperare con le forze statunitensi o britanniche e si tengono accuratamente alla larga dai guai nell'alto Mar Rosso, senza ottenere nulla.

Per i cultori del post-colonialismo, il grande successo è l'Africa, o almeno il Sudafrica, dove i bianchi non solo volevano continuare a governare la maggioranza non bianca, ma insistevano anche nello sfruttare la loro manodopera, negando loro l'accesso alle carriere professionali secondo le regole dell'apartheid (al contrario, per inciso, i medici arabi sono sovrarappresentati negli ospedali israeliani e ci sono alti giudici arabi). Ma gli eserciti africani di oggi sono incapaci di difendere i loro Paesi da qualsiasi nemico esterno, perfino dalle piccole bande di jihadisti in motocicletta che hanno devastato il Burkina Faso negli ultimi tempi, dopo aver fatto a lungo lo stesso nel nord della Nigeria sotto l'etichetta di Boko Haram. Fa riflettere il fatto che ancora oggi il Belgio, con uno degli eserciti più piccoli d'Europa, potrebbe riconquistare il vasto Congo che un tempo dominava, perché la coesione delle unità e il morale di combattimento non possono essere importati, come riconoscono amaramente anche i sauditi.

La Cina, naturalmente, è la grande incognita quando si parla di combattimenti, poiché i grandi risultati ottenuti dai cinesi nel corso di due millenni in ogni ambito della creatività umana sono stati accompagnati da una serie ininterrotta di sconfitte per mano di invasori in grave inferiorità numerica, ben documentate fin dagli Xiongnu del II secolo a.C., e fino al 1945, quando le sparute truppe giapponesi che presidiavano gran parte della Cina abitata, non poterono essere sloggiate né dalle truppe nazionaliste né da quelle comuniste del Kuomintang, nonostante i rifornimenti sempre più scarsi che ricevevano da Tokyo sotto i bombardamenti. I cinesi non riuscirono a prevalere neppure sul Vietnam nel 1979, quando tentarono, senza riuscirci, di proteggere i loro alleati Khmer Rossi dall'avanzata delle truppe vietnamite minacciando Hanoi con il proprio esercito di invasione.

Dopo aver fallito l'avanzata e aver subito circa 26mila morti, l'Esercito Popolare di Liberazione semplicemente si ritirò, abbandonando i Khmer Rossi alla sconfitta. Da allora, la Cina è diventata molto più ricca, acquisendo armi molto più avanzate in ogni categoria. Ma non si sa ancora se le unità cinesi combatteranno davvero, soprattutto con la politica del figlio unico, ora abrogata ma i cui effetti si protrarranno per due decenni. Significa che ogni soldato è l'unico figlio di due intere famiglie che si estingueranno con la sua morte. Xi Jinping ama le parate militari e ha molto celebrato il colonnello Qui Faobao che ha dato il via al combattimento del giugno 2020 con le truppe indiane sul fiume Galwan, nel Ladakh più remoto. Ma nessun esercito composto da un solo figlio ha mai combattuto nella storia, e la morte di quattro soldati cinesi a Galwan è rimasta segreta per otto mesi, mentre il Partito ha accuratamente preparato l'opinione pubblica per attenuare il contraccolpo che sarebbe seguito all'annuncio. Se ci sarà anche un piccolo scontro su Taiwan, è improbabile che ne moriranno solo quattro.