In carcere non ci finirà, ma per i detrattori la macchia sulla sua lunga esperienza in camiseta blanca rischia di restare: condanna di un anno per frode fiscale per non aver pagato le tasse sui diritti d'immagine 2014, quando era allenatore del Real Madrid. Carlo Ancelotti paga per l'esercizio fiscale di quell'anno, ma è assolto dall'accusa di frode per quello successivo, con pena sospesa con la condizionale e multa da 386mila euro. Un colpo all'immagine, più che altro, perché con questa condanna rischia di mandare un po' di traverso il Carletto rubicondo tutto pane e salame. E coppe, quelle che mette in mostra sul banco come nessuno potrebbe fare, ora anche da commissario tecnico del Brasile. A Rio de Janeiro ci era arrivato poche ore dopo il triplice fischio della Liga: in testa, un cappellino giallo e l'ambizione di consegnare ai verdeoro il sesto titolo mondiale, la prossima estate in America. Una convinzione, a 66 anni, decantata in una carriera che gli ha messo in cantina titoli come nessuno. Dall'aver vinto da allenatore più Champions di chiunque (5) al primato di titoli sulla panchina del Real Madrid (15), lui che è pure l'unico ad aver vinto da mister nei 5 principali campionati europei.
Il tribunale provinciale di Madrid ieri è andato a sentenza per una vicenda nata nel 2018, quando Ancelotti (allora allenatore al Napoli) ricevette un'ingiunzione di pagamento per tasse non pagate in Spagna, a cui il mister di Reggiolo fece ricorso. "Non ho mai avuto intenzione di frodare", erano state le parole di Ancelotti durante l'udienza dello scorso aprile. "Arrivato al Real nel 2015, mi proposero un pagamento con il 15% di emolumenti in diritti di immagine, con una formula utilizzata anche da Mourinho, tecnico che c'era qui prima di me". Sì, perché in effetti precedenti di diatribe con il fisco spagnolo non mancano. Da Leo Messi nel 2016, condannato inizialmente insieme al padre a 21 mesi di carcere, poi commutati in multa. Passando per Cristiano Ronaldo, indotto a patteggiare con una multa da 18,8 milioni e 23 mesi di carcere sospesi, sempre con l'accusa di frode per diritti di immagine, fino ad arrivare a Neymar e allo stesso Mourinho. Tutti vittime di una santa inquisizione fiscale di una Spagna in cui nel 2005 si introdussero con la legge Beckham agevolazioni per attrarre in Liga campioni stranieri, salvo poi fare retromarcia qualche anno dopo.