"Sistema giudiziario equilibrato solo con la separazione delle carriere"

Scritto il 11/07/2025
da Fabrizio de Feo

L'ex vicepresidente Csm Michele Vietti: "Oggi c'è un deficit di terzietà"

Michele Vietti, giurista ed ex vicepresidente del CSM. Di riforma della giustizia e separazione delle carriere si parla da decenni. Questa volta ci sono le condizioni per raggiungere l'obiettivo?

"La separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti è un'idea che ha radici remote, ma che finora non ha mai trovato concreta realizzazione. L'approvazione del Senato di qualche giorno fa segna un passaggio parlamentare inedito e rappresenta una tappa cruciale nel percorso della riforma Nordio. Dopo decenni di tentativi restati incompiuti, l'esito attuale suggerisce che le condizioni storiche siano mature".

La separazione delle carriere è una riforma necessaria o rischia di compromettere l'equilibrio del sistema?

"In un autentico sistema accusatorio, il pm dovrebbe agire come parte processuale al pari della difesa. Nella realtà, però, il suo ruolo è ben più esteso: dirige la polizia giudiziaria e dispone di strumenti investigativi particolarmente incisivi, come le intercettazioni. Questa posizione di supremazia rispetto alla difesa entra in tensione con i principi costituzionali che tutelano l'equità del processo. Inoltre, appare inaccettabile che giudice e pm continuino a condividere gli stessi percorsi di selezione, progressione e controllo disciplinare: questo genera, inevitabilmente, un deficit di terzietà. In quest'ottica, quindi, la compromissione dell'equilibrio del sistema, così come progettato dalla Costituzione, deriverebbe proprio dal mantenimento dello status de quo".

Rompere l'unitarietà della giurisdizione può rappresentare un motivo di preoccupazione?

"La separazione delle carriere è una riorganizzazione funzionale della giurisdizione volta a consolidare e valorizzare una linea di demarcazione necessaria tra giudice e pm. Si realizza una scissione ma ciò che deve interessare è il risultato: così facendo si rafforza l'autorevolezza e la terzietà del giudice e si realizza un'architettura più coerente con il processo accusatorio. L'unità della giurisdizione è culturale e vale anche per avvocati e notai: non presuppone necessariamente l'appartenenza alla medesima corporazione".

È giusto determinare la composizione del Csm attraverso un sorteggio?

"Assolutamente no. Non posso che esprimere perplessità su questo passaggio della riforma. I componenti del Csm sono chiamati a compiere scelte che incidono in modo diretto sull'equilibrio dell'intero sistema giudiziario. Affidare la selezione per un incarico di tale rilievo a un meccanismo aleatorio, privo di qualsiasi criterio di investitura, significa svilire la funzione istituzionale. Il sorteggio esclude ogni valutazione legata al merito, alla competenza, alla rappresentatività. Un'impostazione di questo tipo non solo sminuisce il valore della funzione, ma espone anche al rischio di un significativo abbassamento della qualità decisionale, tanto più grave in un contesto che richiede competenza, senso della misura e profonda consapevolezza del ruolo istituzionale".

È tornato in queste settimane sotto i riflettori il problema del sovraffollamento carcerario. C'è una via strutturale per affrontarlo senza sacrificare sicurezza e legalità?

"Il sovraffollamento carcerario impone risposte strutturali, non semplici rimedi emergenziali. Occorre evitare di moltiplicare i reati e contenere il ricorso alla detenzione preventiva, puntando invece su misure alternative che siano realmente efficaci, ben regolamentate e sottoposte a controlli rigorosi".