Caro Direttore Feltri,
qualche giorno fa lei ha criticato la proposta di introdurre lo «ius scholae» da parte di esponenti di Forza Italia. Oggi apprendiamo che Pier Silvio Berlusconi è intervenuto a gamba tesa per riportare il partito alla linea originaria. Vuol dire che l'ha ascoltata?
Lorenzo Invernizzi
Caro Lorenzo,
finalmente è stato dichiarato a chiare lettere da chi in Forza Italia ha davvero peso: il tema della cittadinanza non costituisce una priorità, non lo è per gli italiani, non lo è per il Paese e non lo è per il partito. Per fortuna che Pier Silvio c'è. Lasciatemelo parafrasare con affetto, richiamando lo slogan divenuto celebre grazie a suo padre, Silvio Berlusconi, fondatore non soltanto di un impero mediatico ma anche di un'idea di Italia moderna e produttiva. Pier Silvio non solo ha ereditato il nome del padre, ma altresì la sua lucidità, il senso pratico, la capacità di visione e, aggiungerei, una forma di sobrietà che oggi fa la differenza in un panorama mediatico e politico dominato da cacofonie e infantilismi. Il suo intervento sullo ius scholae che lui stesso ha definito, con equilibrio, «un tema che non interessa i cittadini» è stato un atto di buonsenso e di fermezza, una lezione a chi, nel suo stesso partito, ogni tanto inciampa nel desiderio di compiacere la sinistra più che di servire il Paese. Lo ius scholae è una trovata ideologica, un tentativo di trasformare un percorso formativo in un automatismo burocratico. Ma la cittadinanza non è un premio fedeltà, che si ottiene collezionando i punti del supermercato. È un diritto, sì, ma che si conquista. E non può essere concessa a colpi di slogan o per emulare Macron. L'Italia ha già un sistema che funziona e non ha bisogno di emendamenti identitari, soprattutto se partoriti da chi, come Antonio Tajani, sembra talvolta più preoccupato di piacere al salotto radical-chic che di rappresentare i moderati. E fammelo dire, c'è un equivoco di fondo: essere moderati non significa imitare Elly Schlein, antitesi della moderazione. Pier Silvio ha fatto bene a riportare ordine. E non è un caso che da quando ha assunto pienamente le redini di Mediaset, l'azienda non soltanto è tornata a crescere, ma ha pure affinato il suo profilo editoriale. Nel 2023 il gruppo ha superato i 3 miliardi di euro di ricavi, con un utile netto di 217 milioni. E nel primo trimestre 2024 ha continuato la sua corsa, migliorando margini e ascolti, perfino in un mercato pubblicitario in flessione. In questo il figlio ha superato il padre.
Tutto questo senza tradire il pubblico, anzi, puntando su contenuti popolari, ma mai volgari, e su una linea editoriale chiara, libera, autonoma. Altro che i salotti autoreferenziali del servizio pubblico.
Pier Silvio è un grande imprenditore, e lo ha dimostrato non cavalcando l'onda emotiva della scomparsa del babbo, bensì governando con lucidità e con i numeri, in un contesto tutt'altro che facile, lo ripeto, l'informazione è in crisi. In molti lo vorrebbero in politica. Io glielo sconsiglio vivamente. Perché la politica, lo sappiamo bene, è un terreno minato, in cui chi vale davvero viene spesso attaccato, denigrato, talvolta persino perseguitato e perseguito. E la famiglia Berlusconi lo ha imparato sulla sua propria pelle.
Accadde a suo padre, bersagliato per vent'anni da un'ossessione giudiziaria senza pari. Pier Silvio continui a fare l'imprenditore e, ogni tanto, come in questo caso, seguiti a ricordare ai politici cos'è il buonsenso. Forza Italia è nata per rappresentare i moderati, gli imprenditori, le famiglie, non per rincorrere la sinistra su battaglie identitarie che non appassionano nessuno, se non gli iscritti al club di burraco di Capalbio. Meglio seguire la rotta tracciata dal fondatore, Silvio, e oggi custodita, con intelligenza e discrezione, da suo figlio.