Difficile continuare a chiamarli tifosi. Più giusto clienti, bisogna saperlo. Certo, a spingerli c'è la passione per il calcio, l'amore per la squadra del cuore, la voglia di avere un posto fisso e garantito ogni volta che c'è una partita allo stadio. Un tempo, uno si abbonava e basta. Molto tempo fa, giocavano tutti di domenica e alla stessa ora, se un abbonato non poteva andare allo stadio, cedeva semplicemente la tessera a qualcun altro e finiva lì. Poi, quando sono arrivati i biglietti nominativi, il cambio è diventato più complesso, ma consentito.
La nuova frontiera, di certo non l'ultima, è la rivendita del posto su piattaforme digitali delle stesse società. Lo fanno, fra le altre, la Roma, l'Inter e la Juventus. Non puoi o non vuoi andare allo stadio? Vendi il tuo posto, che poi dividiamo il ricavo. Cioè prima il club vende l'abbonamento al cliente-tifoso e poi si prende anche la metà (in realtà la Roma il 40% e la Juventus 51%) di quello che il tifoso recupera, rinunciando all'evento. Bagarinaggio legalizzato? Non esattamente, perché il prezzo di vendita non può andare oltre quello previsto per quella partita in quello stesso settore. Però un altro modo per svuotare le tasche dei tifosi. Il marketing è arrivato molto lontano sulla questione abbonamenti. E i maestri stanno ovviamente in Inghilterra, dove la rivendita è attiva da tempo e dove restano avanti anni luce rispetto a noi (i prezzi per una singola partita, cambiano di giorno in giorno, persino a seconda delle condizioni meteo, non solo della disponibilità dei tagliandi).
Un tempo, l'abbonamento era unico. Oggi tutti i club hanno più tipologie di tessere. Valide per il solo campionato o per tutte le partite, coppe comprese. E perciò si parla per esempio di Full, Plus e Base (l'Inter) o di Star, Full e Base (la Juventus), mentre il Napoli campione vende la tessera Italia (20 partite, campionato più l'ottavo di Coppa Italia) e il Full (24 partite, comprese le 4 garantite del girone Champions). Il Milan, che non è in Europa, oltre ha solo il Classic, che prevede il cambio nominativo illimitato e gratuito (come la Juventus e molti altri club), mentre c'è chi lo fa pagare, come l'Inter (15 per chi compra solo il pacchetto campionato).
I prezzi? Ovviamente li hanno aumentati più o meno tutti anche quest'anno, un buon 10% che nessuno si nega, ben oltre l'inflazione. A Milano, su suggerimento della Procura, cambio nominativo vietato nel settore degli ultras di entrambe le curve e costo adeguato a quello degli analoghi settori (fino all'anno scorso avevano 1 partita in più, il derby).