Dopo l’estate d’oro dell’Italvolley femminile, oggi alle 15.30 la Nazionale maschile allenata da Ferdinando De Giorgi debutterà al Mondiale contro l’Algeria, con l’obiettivo di difendere il titolo conquistato nel 2022. Andrea Lucchetta, storico capitano azzurro e apprezzato telecronista Rai, nonché ideatore dello Spikeball e del Format S3 per il settore Scuola Promozione della Fipav, fa le carte alle prospettive della nostra spedizione nelle Filippine.
L’Italia si riscopre popolo di pallavolisti.
«Il Mondiale femminile segue le vittorie nel beach, nel sitting volley e le medaglie nei tornei giovanili. Le imprese delle nazionali sono un assist eccezionale, che la Federazione ha concretizzato allargando la base dei praticanti all’insegna dell’inclusività, diventando un esempio per tutto lo sport italiano. La maglia azzurra deve essere un sogno che vive nei bambini che prendono in mano un pallone per la prima volta».
Ora tocca ai ragazzi di De Giorgi provare a difendere il titolo.
«Speriamo che questa spinta incredibile non li schiacci, come successe nella finale dell’Europeo a Roma. È normale che ci sia pressione per chi arriva al Mondiale da campione in carica. Le due vittorie in amichevole col Giappone, a casa loro, sono un segnale molto incoraggiante».
L’assenza di Lavia è una tegola notevole.
«Daniele è un giocatore di grande equilibrio, che oltre ad attaccare sa difendere e ricevere. Ma è già successo in passato che un momento di difficoltà si trasformi in opportunità. Penso a Romanò, lanciato nella finale dell’Europeo 2021 e diventato inamovibile. Un percorso che possono sperare di replicare Bottolo e Porro, che saranno chiamati a non far rimpiangere Lavia. Importanti anche i recuperi dei centrali e l’aggiunta di Rychlicki, che per un ritardo burocratico non ha potuto partecipare alla spedizione olimpica. Molte delle nostre ambizioni passeranno dalle mani di capitan Giannelli, che deve tornare a essere il nostro faro».
Dopo la Generazione di Fenomeni, Velasco ha segnato un’era anche al femminile.
«Lo ha fatto compiendo un salto temporale, perché il Julio di oggi è molto diverso da quello di trentacinque anni fa. Il Velasco del ’90 è stato il genitore che ha messo in pista i figli, dando una serie di indicazioni perfette per lo sviluppo e la crescita. Quello di oggi è come un nonno: non in termini di età, ma inteso come personaggio affascinante, caratterizzante, forgiato dalle esperienze che ha messo a frutto in tutti questi anni. La modernità con la quale si approccia e sa spronarti e la visione di gioco che continua a dimostrare, in coppia con un altro gigante come Barbolini che non a caso è cresciuto al suo fianco ai tempi di Modena, sono la chiave di questa nuova squadra generazionale».
Cos’è cambiato col suo arrivo sulla panchina azzurra?
«Prima i giocatori esperti venivano accompagnati alla porta, adesso vengono utilizzati per dare l’esempio. Penso al ritorno di una bandiera come Moki De Gennaro, presenza silente che col suo atteggiamento ha indicato la via da seguire. Questo cambiamento è stato recepito dalle ragazze, che hanno capito che vince la squadra, non il singolo».